Calcio Catania e futuro, un binomio da slacciare perché la vita di questo bene cittadino è in gioco proprio adesso, è il presente a segnare un punto che potrebbe essere di non ritorno. Un atto della Procura della Repubblica di Catania, firmata dal Pubblico Ministero, Fabio Regolo, dipinge un quadro drammatico per la società rossazzurra. Era soltanto una questione di tempo, che presto qualcuno avrebbe bussato alla porta del club di via Magenta era risaputo dopo la visita della Guardia di Finanza a Torre del Grifo nei mesi scorsi: un passaggio che lasciava intendere di importanti indagini in corso che avrebbero certamente avuto delle conseguenze e che sarebbero proseguite fino ad un intervento concreto, addirittura immediato, nel caso in cui la condotta del sodalizio fosse stata ancora inadeguata e la cessione non fosse stata portata a termine. La decisione del PM di intervenire su due fronti, uno quello dell’azzeramento dell’attuale Cda che avrebbe responsabilità di cattiva gestione del delicato momento e l’altro di richiesta di valutazione dell’opzione del fallimento della società, scaturisce in primis, secondo quanto si apprende, dalla mancata ricapitalizzazione dei fondi societari da effettuare entro il 30 aprile scorso. Capitale sociale a zero, e azzerato pure il Consiglio d’Amministrazione. A quel punto, ecco gli amministratori giudiziari a subentrare e a gestire con pieni poteri la vita del Catania. “Il Catania – secondo quanto sostenuto dalla Procura – starebbe operando in assenza di capitale sociale minimo di legge”. Il Tribunale, quindi, interverrà per ripristinare la legalità.
Il 25 maggio, alle ore 12, è stata fissata un’udienza relativa alla situazione attuale del Calcio Catania, per il quale, nell’ultimo periodo, non è stata prevista “alcuna pianificazione industriale strategica, alcun piano di ristrutturazione serio e credibile che consenta di prospettare un recupero di flussi finanziari che possano consentire l’approvvigionamento di mezzi di produzione e di regolare le proprie passività scadute e in scadenza”, si legge.
La società rossazzurra avrà tempo fino al 22 maggio per presentare istanze difensive e documenti necessari.
La storia di un declino cominciato quando “tutto andava bene”
Il declino del Catania, l’inarrestabile e drammatica parobola discendente che minaccia di cancellare 74 anni di storia, passione, fede, amore incondizionato, parte da lontano, affonda le sue radici in quanto è accaduto diversi anni fa. Ormai è chiaro. In molti hanno visto l’inizio della fine nell’estate del 2013, quella che seguì il record di punti nella massima serie e precedette la retrocessione in cadetteria. Probabilmente, però, quel momento storico è soltanto la punta dell’iceberg di un processo di autodistruzione, iniziato ancora prima, in una fase che appariva allora come quella del massimo splendore. “Guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere, se poi è tanto difficile morire” cantava Lucio Battisti, ormai mezzo secolo fa, in una delle sue cazoni più belle e poetiche. Oggi, cinquant’anni più tardi, ci permettiamo di prendere in prestito questo verso per raccontare una storia che, di sicuro, non racconta emozioni positive… Perchè lo sfascio totale inizia quando tutto lasciava presagire la voglia di programmare, di crescere, di portare il Catania su vette mai raggiunte. La corsa notturna a fari spenti, per citare nuovamente il buon Lucio, inizia sotto i riflettori che, il 18 maggio 2011, illuminavano il taglio del nastro del centro sportivo di Torre del Grifo. Se, nelle stagioni immediatamente successive, il campo raccontava dei successi e della gloria che si associavano ai vessilli rossazzurri, fuori dal rettangolo verde iniziava l’inesorabile deriva. Il Catania era diventato una macchina generatrice di ricchezza, poggiava su solide basi economiche e strutturali, dal punto di vista patrimoniale si dotava anche di un centro sportivo da fare invidia anche per club più blasonati di quello siciliano. Qualcosa però strideva, un campanello d’allarme suonò dopo l’addio di Sergio Gasparin che lasciava la squadra perché in contrasto con i cambiamenti societari voluti da Pulvirenti, così dichiarava lo stesso dirigente ai microfoni della stampa nel maggio 2013. I risultati gli davano ragione, ma il Catania stava imboccando una strada che avrebbe avuto conseguenze devastanti. E poi, e poi… “l’inspiegabile” retrocessione in Serie B, il fulmine a ciel sereno che sconvolgeva chiunque si fosse “fedato” delle mosse societarie per salvare il patrimonio chiamato Serie A. Si cerca di dimenticare la parentesi che ha visto Pablo Cosentino nelle vesti di ad. Poi vennero la cadetteria, la campagna acquisti “stellare” (al fronte di un mercato di riparazione nullo pochi mesi prima, quando la Serie A si poteva salvare investendo parte di quella ricchezza accumulata negli anni di corretta gestione), i dirigenti abbronzati in canottiera li abbiamo già citati, i professoroni della preparazione atletica, gli appuntamenti quotidiani con gli infortuni, le dimissioni di uomini veri (Sannino docet), l’arrivo dei volti nuovi, il treno delle 33 e le spensierate conversazioni telefoniche… La folle corsa verso il baratro continuava… D’altra parte “Catania è una piazza difficile, quella del 2 febbraio” diceva Pulvirenti. E venne la polvere dei campi di periferia, non la stessa di un ventennio prima però, non quella che purificava, che si mischiava con le ceneri delle risorgente fenice rossazzurra… La polvere che sporca, macchia indelebilmente una storia. E vennero gli stillicidi stagionali, gli ex dal dente avvelenato che mai si erano visti all’ombra dell’Etna, il ritorno del figliol prodigo, gli applausi e il sacrificio del vitello grasso, le dimissioni improvvise ed inaspettate dopo la giornata campale di un variopinto sodalizio lucano, che usciva trionfante dallo stadio dove anche l’Inter del triplete si era arresa. Nel frattempo il Catania sprofondava, veniva risucchiato nelle sabbia mobili, nonostante i progetti e le transazioni tendenti ad infinito che ne avrebbero dovuto certificare il ritorno. A correre verso lo schianto, però, non era solo il sodalizio rossazzurro, ma un intero impero che, giorno dopo giorno, si sfaldava, mentre sorrisi, rassicurazioni, annunci in pompa magna risuonavano da ogni parte. Un viaggio di sola andata, senza fermate, verso il baratro. Le periodiche illusioni, stroncate o dal giudice supremo che è il campo, o da colpi di mano agostani e bizzarre modifiche regolamentari, non facevano altro che rendere più amaro il vivere quotidiano del popolo rossazzurro. Le colpe dello sfascio, comunque, venivano sempre individuate altrove, mai in chi guidava a fari spenti nella notte. Il resto è storia recente: la riappropriazione di un’identità abbandonata repentinamente, l’esorcismo del 5%, le rassicurazioni sull’impegno per garantire un futuro, la disponibilità a trattare, a sedersi al tavolo con gli acquirenti. La parola fine alla vicenda che abbiamo ripercorso la scrive un PM, viene vergata sulle carte del tribunale. Dopo tanti anni, dopo un numero infinito di bocconi amari, eventi incredibili, fiumi di parole si è scoperto che, guidare come un pazzo a fari spenti nella notte, porta alla morte, senza se e senza ma.
Cosa succede adesso?
Il quadro e la cornice sono stati messi in evidenza, gli scenari di cosa accadrà in questi giorni – saranno ore davvero calde, difficili e risolutive stavolta – definiranno il destino della matricola 11700. L’azzeramento del Cda come detto porta alla nomina di un nuovo assetto, va compreso se questo avrà la possibilità di accelerare per una cessione – al Comitato e annessa cordata in pieno iter di costituzione di una Spa di scopo – se ce ne saranno i termini (e questa via al momento sarebbe il lumicino – molto risicato – su cui si aggrappano tutti coloro i quali tengono alle sorti della squadra di calcio di Catania): tutto dipende, chiaramente dalla valutazione delle possibilità per dichiarare il fallimento del club alla cui voce relativa al capitale sociale è allacciato in sostanza uno zero, se queste ci saranno e pare di sì, si procederà alle procedure fallimentari, altrimenti rimane aperto quel piccolissimo spiraglio. In caso negativo nascerebbe un nuovo Catania, e sarà il Sindaco a darne mandato. Entro il 22 maggio l’attuale governance potrà presentare delle memorie difensive sul proprio operato, il 25 l’udienza camerale collegiale che determinerà quella che sarà una pagina di storia della città intera.
Vittorio Sangiorgi
Mauro Di Stefano
Gianluca Virgillito
Daiana De Luca