Il presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Layen, intervenendo al cospetto della plenaria di Bruxelles, ha presentato il piano per l’applicazione del Recovery Fund, rinominato ora Next Generation EU ovvero lo strumento attraverso il quale le istituzioni europee soccorreranno gli stati messi in ginocchio dalla crisi socio-economica determinata dal Coronavirus.
Il piano presentato ieri prevede aiuti per un totale di 750 miliardi di euro: 250 come prestiti e 500 erogati a fondo perduto. Una cifra, quantomento sulla carta, importante, che dovrebbe garantire afflussi significativi nelle casse dei paesi membri. Questo primo dato può essere letto come un successo dei cosiddetti stati del Sud, tra i quali l’Italia. Tuttavia, a rassicurare i rigoristi, c’è un elemento importante, ovvero un rigido monitoraggio esterno sul modo in cui gli stati beneficiari spenderanno i “miliardi europei”. All’Italia, secondo il disegno della Commissione Europea, spetterebbero 172, 7 miliardi: 81,807 sarebbero versati come aiuti e 90,938 miliardi come prestiti.
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha commentato con toni entusiastici l’annuncio di Ursula Von der Layen: “Ottimo segnale da Bruxelles, va proprio nella direzione indicata dall’Italia. Siamo stati descritti come visionari perché ci abbiamo creduto dall’inizio. 500 mld a fondo perduto e 250 di prestiti sono una cifra adeguata. Ora acceleriamo sul negoziato e liberiamo presto le risorse“. Gli fa eco l’ex premier ed attuale commissario agli affari economici, che ha parlato di “svolta senza precedenti”.
Ottimo segnale da Bruxelles, va proprio nella direzione indicata dall’Italia. Siamo stati descritti come visionari perché ci abbiamo creduto dall’inizio. 500 mld a fondo perduto e 250 di prestiti sono una cifra adeguata. Ora acceleriamo sul negoziato e liberiamo presto le risorse
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) May 27, 2020
Non mancano, però, alcune perplessità che riguardano, innanzitutto, la possibilità che tale proposta venga recipita positivamente da tutti i 27 stati membri e che possa, quindi, superare inndenne le forche caudine dei negoziati. Al momento, visto che le posizioni sono molto distanti, questa ipotesi appare lontana dal divenire realtà. A creare dissenso e divisioni potrebbe essere, soprattutto, la proposta della Commisione Europea di raccolta dei fondi sul mercato, sostenuta da garanzie indirette degli stati membri, e rimborsata congiuntamente nei prossimi decenni. Vi sono, però, dubbi anche sulla proposta presentata ieri, che riguardano principalmente le conditio sine qua non che saranno poste per l’accesso al fondo, la proporzione tra i miliardi immessi dagli stati per finanziare il bilancio europeo e quelli che riceveranno a fondo perduto proprio attingendo al bilancio comune del Vecchio Continente e, infine, le conseguenze e le implicazioni di un ulteriore indebitamento per alcune economie nazionali già da tempo in difficoltà.
Adesso, come già anticipato, si apre la lunga fase di negoziato la cui prima tappa sarà tra il 17 e 18 giugno, quando i capi di stato e di governo diranno la loro sulla proposta. Una data che, sicuramente, non è dietro l’angolo e che pone ancora una volta l’accento sulle lungaggini burocratiche, a fronte della necessità di un intervento rapido, coraggioso e deciso.