Tanto rumore per nulla, potremmo usare questo vecchio adagio popolare per riassumere quanto avvenuto ieri nella riunione del Consiglio Europeo, svoltasi ancora una volta in modalità telematica. Il vertice avrebbe dovuto dare una risposta definitiva degli stati memberi sul Next Generation EU, il piano elaborato – quasi un mese fa – dalla Commissione Europea, per l’applicazione degli aiuti economici previsti dal Recovery Fund.
La fase dei negoziati, com’era purtroppo prevedibile, è stata subito scandita da difficoltà e veti incrociati che, sostanzialmente, hanno determinato un nulla di fatto. Ragion per cui si è optato per un rinvio a luglio del Consiglio Europeo, che tornerà a riunirsi, stavolta in presenza, nel tentativo di addivenire ad un accordo. A prevalere, quindi, è stata la linea dei cosiddetti paesi frugali (Austria, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia) che, esprimendo la loro contrarietà su vari aspetti e, in particolare sugli aiuti a fondo perduto, sulla mutualizzazione dei prestiti e sulla durata temporale degli aiuti, hanno determinato uno stallo. Da sottolineare l’intervento del premier olandese Rutte, il quale ha elogiato il suo omologo Giuseppe Conte facendo riferimento all’intenzione di avviare un’azione riformatrice. Come a voler dire, insomma, che le riforme sarebbero condizione indispensabile per accelerare il processo di ratifica ed attuazione del Recovery Fund. Altro tema controverso quello relativo alla proporzione tra prestiti e finanziamenti, totalmente squilibrata per i paesi frugali.
Le posizioni sono ancora distanti e non è detto che, il rinvio di un mese, sia sufficiente a determinare un riavvicinamento nel prossimo vertice del Consiglio Europeo. Inoltre non bisogna dimenticare che, anche qualora l’accordo arrivasse a breve, gli aiuti economici arriverebbero nelle casse degli stati nel 2021. A questo proposito la cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato che sarebbe positivo se i fondi fossero disponibili nel gennaio del prossimo anno. Servirà, dunque, ancora del tempo e, con ogni probalità, la portata degli aiuti si ridurrà progressivamente. Quella che sta maturando, insomma, sembra una risposta europea tutt’altro che tempestiva e risolutiva.