I Carabinieri del Nucleo Operativo del Gruppo Tutela Lavoro di Palermo, su disposizione della Procura della Repubblica locale, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo d’urgenza di beni per un valore di 193.310,10 euro nei confronti di una coppia accusata di truffa aggravata relativamente alle modalità di gestione dei corsi di un ente di formazione professionale.
Nel novembre del 2018 i militari hanno controllato l’ente, riscontrando una serie di irregolarità amministrative in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, e comminato sanzioni per circa 3mila euro. La Polizia Giudiziaria ha fatto altri accertamenti sulla documentazione acquisita in sede di ispezione scoprendo che l’associazione, accreditata nel Dipartimento della Regione Siciliana, aveva ricevuto finanziamenti per circa 2,5 milioni di euro a partire dal 2011, dimostrando l’effettiva partecipazione del frequentatore di un corso alla quota minima di ore di formazione previste, al netto della prova finale. Di tali contributi avrebbe potuto beneficiare l’associazione rispettando una serie di condizioni: l’effettiva partecipazione del frequentatore di un corso alla quota minima di ore di formazione previste; dell’intero percorso formativo e superamento della prova finale e infine la conclusione del percorso formativo da parte di un numero di allievi non inferiore a quello previsto dai bandi.
L’unità di costo standard (UCS) prevista era di 129 euro a ora per tutti i corsi, moltiplicato per il numero di iscritti, con una maggiorazione di 25 euro per la quota di allievi disabili. L’UCS ricopriva i costi diretti e indiretti connessi alla formazione, con un computo delle spese non “reale” ma parametrato alla “qualità” del servizio reso e con l’obbligo di restituzione delle somme nel caso in cui venissero attuate “economie di gestione”. I coniugi eludevano le norme per avere un maggiore guadagno. Il presidente dell’associazione, il marito, avrebbe sovrafatturato i costi di gestione di alcuni corsi di formazione come l’affitto dei locali e il noleggio delle attrezzature con la complicità di un’altra società appositamente costituita in cui compare come socio accomandatario la moglie dell’uomo.