Fermate dodici persone nell’ambito dell’operazione denominata “Attila” contro il caporalato diffuso tra Caltanissetta e Agrigento. I Carabinieri nisseni e il personale della Squadra Mobile locale hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Caltanissetta, nei confronti dei coinvolti – 11 pakistani e una giovane italiana – e sequestrato due “libri mastri” con l’elenco dei nomi dei lavoratori sfruttati e il compenso che si aggirava sui 25/30 euro giornalieri. I soggetti sono indagati – a vario titolo – per associazione per delinquere finalizzata al reclutamento e allo sfruttamento della manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi (caporalato), estorsioni, sequestro di persona, rapine, lesioni aggravate, minacce, violazione di domicilio e violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.
Sono stati condotti in carcere:
Muhammad Shoaib, 27enne con precedenti di Polizia Giudiziaria, regolare su territorio nazionale, nullafacente e attualmente detenuto per altra causa;
Muhammad Sharjeel Awan, 20enne con precedenti di Polizia Giudiziaria, regolare su territorio italiano e nullafacente;
Hujaat Ali, 32enne attualmente detenuto per altra causa;
Muhammad Mehdi, 48enne attualmente detenuto per altra causa;
Nawaz Muhammad, 32enne attualmente detenuto per altra causa;
Ali Imran, 28enne con precedenti di Polizia Giudiziaria e attualmente detenuto per altra causa;
Bilal Ahmed, 23enne con precedenti di Polizia Giudiziaria, regolare su territorio italiano e nullafacente;
Mohsin Ali, 32enne pregiudicato, regolare su territorio italiano, bracciante agricolo;
Shedaz Khuram, 33enne con precedenti di Polizia Giudiziaria, regolare su territorio italiano e nullafacente;
Arshad Muhammad, 37enne pregiudicato, regolare su territorio italiano, nullafacente e attualmente detenuto per altra causa; Risulta irreperibile un altro pakistano destinatario della misura della custodia cautelare in carcere.
Scattano i domiciliari per Giada Giarratana, una 21enne incensurata e casalinga di Canicattì.
L’inchiesta scaturisce da indagini su un gruppo di pakistani, residenti a Caltanissetta da molto tempo, ritenuti pericolosi e responsabili di delitti contro la persona e il patrimonio molti dei quali ai danni di loro connazionali. L’associazione per delinquere, agendo con “metodo paramafioso” e cercando di imporre la propria egemonia sul territorio, ha assoggettato la comunità di appartenenza sottoponendola a vessazioni, intimidazioni, violenze e sfruttamento. Tantissimi cittadini pakistani hanno contattato le Forze dell’Ordine chiedendo aiuto e descrivendo la situazione creata dai connazionali. Sono state moltissime anche le denunce presentate da altri pakistani nelle Stazioni dei Carabinieri di alcuni paesi colpiti dal gruppo come Milena e Sommatino.
Gli inquirenti, grazie all’esame dei tabulati, hanno individuato i legami solidi e coesi tra tutti gli arrestati. Il gruppo era guidato da Muhammad Shoaib. Quest’ultimo – insieme a Bilal Ahmed, Ali Imran, Mohsin Ali e Giada Giarratana – reclutava manodopera pakistana con il metodo del caporalato. Le vittime lavoravano da titolari di aziende agricole in condizioni di sfruttamento. I responsabili delle imprese sono considerati responsabili in quanto trovavano conveniente l’affare e sapevano che, per lo stato dei braccianti agricoli, non sarebbe mai giunta alcuna denuncia. I caporali si accordavano sul compenso, molto esiguo come già detto, direttamente con i datori di lavoro e trattenevano per sé una parte o la totalità del corrispettivo. Chiunque osasse chiedere una retribuzione maggiore era colpito da spedizioni punitive violente.
Proprio in questo contesto si è consumato l’omicidio del pakistano Adnan Siddique, delitto commesso la sera del 3 giugno 2020 a Caltanissetta. L’uomo si era ribellato e aveva denunciato i suoi caporali. Sono stati arrestati per l’assassinio 6 individui.