L’Italia senza bandiere né inno a Tokyo 2020. Quella che sembrava un’ipotesi lontana rischia di diventare a breve una drammatica certezza: c’è tempo fino al 27 gennaio, giorno in cui il Comitato Olimpico Internazionale si riunirà per chiudere definitivamente la questione. La querelle trae origine dalla riforma dello sport, approvata nel 2018 dal precedente Governo Conte a maggioranza 5Stelle-Lega, che ha riorganizzato la struttura del Coni, di fatto privandolo di parte della sua autonomia. Una decisione in aperto contrasto con le regole contenute nella Carta Olimpica, e che rischia di esporre il nostro Paese a pesanti conseguenze. Non solo l’assenza del tricolore e dell’inno di Mameli: la sospensione dalle Olimpiadi comporterebbe infatti uno stop ai finanziamenti, con evidenti riflessi sull’organizzazione di Milano-Cortina 2026.
Una “figuraccia” per l’Italia, già da mesi invitata a un dietro-front da parte dello stesso Cio: inviti rimasti inascoltati fino ad ora. A meno di 24 ore dalla decisione definitiva del Comitato, é il presidente del Coni Malagò a lanciare l’ultimo disperato appello al Governo, durante un’audizione presso le Commissioni riunite Cultura e Lavoro: “Siamo davanti a una situazione drammatica, anche se ancora risolvibile (…) serve urgentemente un provvedimento tampone da parte del Governo che fermi la delibera. Si tratta solo di rispettare ciò che il governo italiano si è impegnato di fare, per la prima volta il 24 giugno 2019, quando è stato firmato l’host city contract per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026“.
Anna Aqueci