Il Catania annaspa per salvare la sua vita, salvaguardare la storica matricola 11700 e garantirsi un futuro più o meno dignitoso nel panorama calcistico nazionale. La forte crisi economica vissuta dalla “famiglia” Finaria investe anche il suo “figlio prediletto” ovvero il club di via Magenta che dopo aver goduto dei favori della genitrice, intesi come sacrifici di carattere economico, non regalandosi i traguardi sperati ha continuato a chiedere senza mai dare in cambio ossigeno e ritorni materialmente utili a rinfrancare l’intero nucleo, la galassia di aziende che compone la holding dell’imprenditore di Belpasso, Nino Pulvirenti il papà di questo impero in dissoluzione. La sorella del Catania, la sempre invidiata Meridi, è caduta in disgrazia: è sempre stata il porto sicuro in cui ritrovarsi nei momenti difficili ma le casse hanno cominciato a tremare con la complicità di una crisi economica mondiale senza precedenti che proprio in questi giorni riceve altre mazzate con il diffondersi della Pandemia da Covid-19. Gli altri fratellini, troppo piccoli per salvare la situazione, hanno potuto solo osservare. Alcuni di loro, prima del collasso, sono stati dati in affidamento ad altre famiglie, che poi hanno deciso di adottarli definitivamente. E il Catania rimane lì, è attraente, impavido e fa gola per tutto ciò che vale nei termini di storia e legame territoriale.
Arriva prima o poi per un genitore il momento di separarsi dai propri figli, chiedendogli di trovare per sé un futuro prospero, una strada di gratificazioni e continuo slancio. Il genitore possessivo tiene a casa i propri figli, soffoca le loro ambizioni facendo loro un danno, ma un danno pure a se stesso.
Metafora a parte, poiché il mondo dell’imprenditoria vive di logiche tutte sue pur trovando nello sport molti elementi di carattere morale, affettivo, è evidente e chiaro che per il Catania Calcio è il momento delle manovre per favorire una cessione a nuovi imprenditori. C’è la cordata, quella rappresentata dal famoso Comitato promotore, i nomi di Pagliara e Pellegrino come garanzia di serietà e vicinanza territoriale degli interessati, con qualche punta di novità che emerge solo a tratti esponendo l’iceberg di cui si vorrebbero conoscere le strutture più profonde. C’è stata e c’è ancora, attenta a ciò che accade e pronta a dialogare, oggi con un interlocutore, e forse domani con un altro.
Dentro e fuori il Catania, prepararsi a questo momento non è facile, si tratta di un sisma che prevede un distacco da Finaria con tutto ciò che ne comporta, senza dimenticare il fratello gemello (diverso) Torre del Grifo che gioca un ruolo importante. Il liquidatore di Finaria si occupa di questo, di smantellare la holding e di agevolare la vendita dei suoi rami. Una tentazione, quella di aspettare qualche buon risultato che possa evitare il distacco e una necessità, quella di preparare l’abito delle grandi occasioni per un nuovo passaggio epocale.
La vendita del Catania è una necessità, scevro sia questo dagli aspetti imprenditoriali che pur ci sono e anche questi parlano chiaro. Prima di riformarsi, il CdA del Catania avrebbe potuto perdere un suo tassello giunto alle falde dell’Etna poco più di un mese fa: Giuseppe Di Natale, subentrato a Pietro Lo Monaco, dimessosi dall’incarico di amministratore delegato (ma rimasto come direttore generale senza deleghe). Rimane un mistero comprendere le ragioni di diversi accadimenti. Adesso con lui al lavoro ci sono Gianluca Astorina (presidente) e Ignazio Scuderi (vice presidente). Rimangono tanti i dilemmi che si scioglieranno come neve al sole nei prossimi mesi poiché il termine di questa travagliata stagione porterà con sé scadenze e nuovi obblighi che soltanto ciò che offre un nuovo orizzonte potrebbe garantire.
Fonte foto: calciocatania.it