Catania | Morte piccola Nicole, tra condanne e assoluzioni: 5 anni e 9 mesi di reclusione per la ginecologa

Il Tribunale monocratico di Catania ha emesso la sentenza nell’ambito del processo per il decesso della piccola Nicole Di Pietro, bimba nata nella clinica Gibiino il 12 febbraio del 2015 e morta alcune ore dopo mentre era su un’ambulanza diretta all’ospedale di Ragusa.

Comminati cinque anni e nove mesi di reclusione per omicidio colposo, lesioni e falso alla ginecologa Maria Ausilia Palermo. Sono stati assolti dal crimine di omicidio colposo e condannati a tre anni ciascuno, con le attenuanti, per falso il neonatologo Antonio Di Pasquale e l’anestesista Giovanni Gibiino. Tre anni e due mesi per falso, contestando l’aggravante, per l’ostetrica Valentina Spanò.

Il giudice ha condannato gli imputati e la casa di cura, come responsabile civile. I soggetti dovranno pagare 100mila euro ciascuno ai genitori di Nicole e 30mila euro ognuno ai quattro nonni della bimba. La dottoressa Palermo dovrà risarcire anche la clinica Gibiino che si era costituita parte civile nel processo così come l’assessorato regionale alla Salute.

La ginecologa, secondo l’accusa “avrebbe effettuato un monitoraggio inadeguato della partoriente nella fase di travaglio”. Inoltre la donna: “non avvedendosi di una sofferenza fetale in atto, ometteva colposamente di intervenire chirurgicamente con un parto cesareo”.

L’ostetrica Valentina Spanò è ritenuta responsabile di avere “assieme alla dottoressa Palermo come istigatrice, attestato falsamente nella scheda di travaglio della partoriente, un valore del battito cardiaco del feto incompatibile con le reali condizioni di salute di Nicole”.

La ginecologa è stata condannata anche ad un mese per lesioni personali colpose nei confronti di Tania Laura Egitto, madre della piccola Nicole per “la mancata rimozione di una garza durante le fasi di applicazione dei punti di sutura post partum, con conseguente insorgenza di un’infezione protrattasi per 13 giorni fino alla definitiva rimozione del corpo estraneo”. I quattro soggetti sono stati interdetti dai pubblici uffici per cinque anni.

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