La guardia di finanza di Bologna, con il supporto dei colleghi di Catania e il coordinamento dello Scico, ha eseguito una confisca definitiva di beni per oltre 13 milioni di euro nei confronti di Salvatore Randone, un imprenditore siciliano di 67 anni, residente a Rimini e ritenuto vicino al clan Nicotra di Misterbianco, una nota organizzazione criminale italiana. Il provvedimento, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Bologna ed ora divenuto definitivo dopo la sentenza della Cassazione, sancisce l’acquisizione al patrimonio dello Stato di un imponente complesso di beni, comprendente beni immobili, tra cui fabbricati e terreni nelle province di Bologna e Catania, autoveicoli, rapporti bancari, quote societarie, azioni del Credito Etneo e polizze di pegno, confiscati a seguito di un’indagine complessa sul riciclaggio di denaro e sulla gestione di attività illecite.
Randone, attivo nel settore delle costruzioni e della lavorazione dei metalli, aveva costituito una fitta rete di società intestate formalmente a familiari ma di fatto da lui stesso gestite, un stratagemma con cui avrebbe cercato di occultare la reale disponibilità patrimoniale e di coprire le sue attività di evasione fiscale e di riciclaggio di denaro. Un tenore di vita e un volume di ricchezze che, secondo gli investigatori, erano del tutto sproporzionati rispetto alle fonti di reddito dichiarate, e che hanno portato a sospettare la presenza di attività illecite, come il traffico di droga e la corruzione. Il sessantasettenne è stato negli anni condannato per diversi reati, tra cui il tentato omicidio dell’artigiano Salvatore Arena, per il quale è stato ritenuto il mandante e condannato a 20 anni di carcere, a seguito di un’indagine sulla criminalità organizzata.
La confisca rappresenta l’epilogo di indagini complesse coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, che hanno accertato il legame tra l’imprenditore e ambienti mafiosi, confermandone la pericolosità sociale e la necessità di interventi di prevenzione del crimine e di contrasto alla criminalità organizzata. Le indagini hanno dimostrato che il patrimonio di Randone è stato accumulato anche grazie a pressioni mafiose, estorsioni e altri crimini, e che la sua attività imprenditoriale era stata utilizzata per coprire le sue vere attività illecite, come il riciclaggio di denaro e la gestione di attività di criminalità organizzata. La confisca dei beni di Randone è quindi un importante risultato per le autorità, che hanno lavorato per smantellare la rete di interessi illeciti dell’imprenditore e per recuperare i proventi delle sue attività criminali, nell’ambito della lotta contro la criminalità organizzata e il riciclaggio di denaro.