Coronavirus, gli animali e i benefici secondo uno studio italiano: attenuano i sintomi del Covid-19

Uno studio dell’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con l’Università Magna Graecia di Catanzaro e l’Università Statale di Milano, ha consentito di scoprire una somiglianza nella struttura della proteina Spike del Coronavirus umano con quella del cane e del bue. Questa novità ha generato l’ipotesi, da verificare, che la vicinanza degli animali domestici possa dotare gli uomini di difese immunitarie “naturali”, capaci di attenuare gli eventuali sintomi di una persona che contrae il Coronavirus.

Tale scoperta potrebbe generare nuovi trattamenti, vaccini e approcci diagnostici. Lo studio è descritto sul sito del Policlinico Gemelli di Roma nella sezione “Pillole anti Covid-19”. Una spiegazione, secondo gli studiosi, che spiegherebbe la variabilità sostanziale dei quadri clinici di pazienti affetti dal Coronavirus. Esistono, infatti, soggetti che riversano in condizioni critiche e gravi e quelli paucisintomatici. La ricerca nasce dallo studio di bioinformatica, pubblicato online su “Microbes and Infection”, che ha confrontato identikit molecolari di Coronavirus infettanti in specie animali diverse della sequenza aminoacidica della proteina Spike del Sars CoV-2, utilizzata dal virus per penetrare nelle cellule, con quella di altri Covid-19 “imparentati” dal punto di vista tassonomico, dotati quindi di un tropismo per altre specie animali.

L’esito ha rivelato una bassa omologia di sequenza della proteina Spike del Sars-CoV2 con quella del Coronavirus respiratorio del cane (36,93%), di quello bovino (38,42%) e di quello enterico umano (37,68%). Maurizio Sanguinetti, direttore del Dipartimento Scienze di laboratorio e infettivologiche del Policlinico Gemelli e ordinario di microbiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, spiega i risultati.

“Ma andando a restringere l’analisi alle sequenze che si sa essere riconosciute dal sistema immunitario, i cosiddetti epitopi del SarS CoV-2 abbiamo riscontrato un’elevata percentuale di omologia rispetto ai Coronavirus tassonomicamente correlati. Di particolare interesse risulta la grande somiglianza delle sequenze dell’epitopo 4 del coronavirus respiratorio canino con quelle del SarS CoV-2“.

Gli autori dello studio ipotizzano che una precedente esposizione al Coronavirus del cane potrebbe garantire un’immunizzazione, almeno in parte, capace di attenuare i sintomi di un’eventuale infezione dell’umano da Covid-19. Sono state individuate somiglianze importanti anche tra gli epitopi della proteina Spike del SARS CoV-2 e il Coronavirus bovino.

Gli animali insomma – prosegue Sanguinetti – potrebbero aver avuto un ruolo critico nell’innesco e nell’evoluzione di questa epidemia (che ricordiamo essere una zoonosi), sia come serbatoio virale, ma anche agendo come fonte ‘benefica’ di particelle virali immuno-stimolanti, in grado di offrire protezione contro il Sars CoV-2 circolante, attenuandone i sintomi“.

Le ipotesi, come ogni teoria, saranno sperimentate e verificate ma per il momento si accende una nuova speranza.

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