LCATANIA: LA NEONATA AVREBBE POTUTO FARCELA, MA LE E’ STATO FATALE UN MIX DI BATTERI CONTRATTI ALL’OSPEDALE CANNIZZARO: LA PROCURA DI CATANIA AVVIA UN’INCHIESTA

Era nata un po’ prematura ma la gravidanza era giunta in stato avanzato, il parto era andato bene e la bimba aveva tantissime possibilità di salvarsi, se non fosse stata colpita da una “colpevole” infezione nosocomiale, un batterio (in realtà più d’uno) contratto ovviamente in ospedale, da dove non è mai uscita, che se l’è portata via in meno di un mese, e di cui ora i genitori, assistiti da Studio3A, chiedono conto alla struttura.

La Procura di Catania, riscontrando l’esposto presentato nei giorni scorsi dalla mamma e dal papà della piccola, ha avviato un’inchiesta sulla morte di una neonata, avvenuto l’11 agosto scorso all’ospedale Cannizzaro. E venerdì 7 ottobre la coppia è stata convocata e sentita dagli inquirenti negli uffici giudiziari della stessa Procura, accompagnata dal consulente legale Giuseppe Nocita di Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui i due genitori si sono affidati per fare piena luce sul decesso della loro primogenita e per ottenere giustizia: nella circostanza è stata richiesta, e messa da loro a disposizione per le indagini, tutta la documentazione clinica in loro possesso.

La mamma, che ha 29 anni e risiede ad Acireale con il marito, 37 anni, il 16 luglio 2022 si era recata al pronto soccorso ostetrico del Cannizzaro a causa di un distacco della placenta che, com’è noto, mette in serio pericolo la sopravvivenza del feto. Essendo giunta alla 29. settimana più tre giorni di gravidanza, quindi oltre il settimo mese, un periodo di gestazione che garantisce ottime possibilità di sopravvivenza ai bambini prematuri, almeno l’80%, i medici dell’Unità operativa di Neonatologia hanno deciso di anticipare il parto sottoponendola in quella stessa giornata ad un cesareo, perfettamente riuscito: la bimba è nata sana, pesava un chilo e 316 grammi ed è stata ovviamente posta in incubatrice nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale.

Nei primi giorni tutto procedeva per il verso giusto e i sanitari rassicuravano i genitori sulle condizioni di salute della piccola. Ma a una decina di giorni dalla nascita una dottoressa ha riferito loro il forte sospetto che la figlioletta fosse stata colpita da un’infezione che il personale non era stato ancora in grado di identificare. Dopo quattro giorni di spasmodica attesa, in cui la mamma e il papà potevano comunque vedere e toccare, con le opportune accortezze, la loro bimba in incubatrice, purtroppo la conferma è arrivata. Il 30 luglio la stessa dottoressa ha comunicato alla coppia che la neonata era positiva al Serratia Marcescens, un batterio dai gravissimi effetti che non dovrebbe essere presente in ambienti come gli ospedali, tanto più nelle terapie intensive che dovrebbero essere sterili, ma che purtroppo è oggi responsabile di un’ampia gamma di infezioni nosocomiali ed è spesso causa di focolai ad alto tasso di mortalità ospedaliera, sia nei pazienti adulti sia proprio in quelli pediatrici.

Da allora i genitori non hanno più potuto vedere né accarezzare la bambina se non il 10 agosto, il giorno prima del decesso, una concessione fatta loro dai sanitari in vista dell’ormai imminente, tragico epilogo. Dal 30 luglio, infatti, le condizioni della piccola sono andate via via peggiorando, il batterio le ha colpito organi vitali, fino alla morte avvenuta per insufficienza cardiaca e concausata dai farmaci con cui i medici tentavano disperatamente di curarla: sempre il giorno prima della morte, il 10 agosto, alla mamma e al papà della bimba era stata fatta firmare un’autorizzazione per provare a somministrarle un antibiotico in quanto questo medicinale avrebbe potuto avere effetti collaterali, essendo consigliato per i bambini dai sei anni in su, tra cui appunto l’arresto cardiaco.

Sconvolti dal dolore per la perdita della loro unica figlia, i due genitori nell’immediatezza hanno pensato solo a darle una degna sepoltura ma hanno fatto richiesta all’ospedale delle cartelle cliniche di cui hanno ottenuto copia soltanto il 26 settembre e da cui emerge come in realtà la piccina risultasse positiva anche ad altri batteri di cui però la coppia non era mai stata messa al corrente dai sanitari, quali Staphylococcus Epidermidis, Enterobacteriaceae e Kpc Carbapenem Resistant. Sempre più perplessi sul mancato rispetto delle misure per evitare l’insorgenza di infezioni nei pazienti, tanto più gravi trattandosi di un reparto di medicina d’emergenza e per neonati, i due genitori hanno deciso di fare piena luce sulla vicenda, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., che ha a sua volta subito acquisito tutta la documentazione medica disponibile per sottoporla ai propri esperti, e il 28 settembre hanno sporto formale denuncia-querela presso il comando dei Nas, i Carabinieri per la Tutela della Salute, in piazza della Repubblica a Catania, chiedendo alla magistratura di accertare i fatti e perseguire gli eventuali responsabili. Esposto che ora sta facendo il suo corso.

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