Le mani della mafia nella risoluzione di controversie tra gruppi organizzati di tifosi e nella gestione delle feste di quartiere. Questo è quanto scoperto dai carabinieri – nell’ambito dell’operazione Resilienza 2 – sul mandamento mafioso di Porta Nuova e nello specifico sulla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. L’inchiesta odierna vede 15 indagati (uno in carcere, 12 ai domiciliari e 2 con obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria) considerati – a vario titolo – responsabili di concorso esterno in associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione, estorsioni e sfruttamento della prostituzione.
L’indagine è la prosecuzione del blitz avvenuto il 12 ottobre 2020 che ha consentito di stanare il nuovo reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio: Angelo Monti. Quest’ultimo, secondo l’accusa, aveva riorganizzato gli assetti di mafia nel quartiere. Il soggetto, inoltre, aveva affidato posizioni di vertice a uomini vicini, iniziando dal fratello Girolamo. Al fianco di Angelo Monti figuravano Giuseppe Gambino, Salvatore Guarino e Jari Massimiliano Ingarao. Un gruppo di commercianti, esausti del pizzo, ha contribuito all’individuazione e all’arresto dei predetti.
Dalle investigazioni di oggi, però, emerge che Cosa Nostra, dopo essere stata colpita, prova a rialzarsi cercando il consenso di una grossa fetta della popolazione. I mafiosi, quindi, hanno iniziato a gestire manifestazioni “sociali” quali le feste rionali. La famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, infatti, detiene il pieno controllo del comitato organizzatore dei festeggiamenti in onore della patrona del quartiere Madre Sant’Anna, che si svolge nel mese di luglio e risale al 1555. I portatori della Santa sono tutti nativi di Borgo Vecchio. Molti, in onore della patrona, hanno chiamato i propri figli Anna e Gioacchino o si sono sposati il 26 luglio, giorno della protettrice. Nel 2015 il comitato della festa era gestito dal nucleo familiare Tantillo e, in particolare, dai fratelli Domenico e Giuseppe. Entrambi nel dicembre dell’anno in questione – nell’ambito dell’operazione Panta Rei – furono arrestati in quanto reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
Nel 2019, invece, venne a galla un’altra fonte di guadagno per Cosa Nostra: le serate animate da cantanti neomelodici venivano organizzate da un comitato che era controllato dalla pericolosa organizzazione criminale. I mafiosi stabilivano chi doveva cantare ingaggiandoli tramite le cosiddette “riffe” settimanali. Queste ultime consentivano di raccogliere denaro tra commercianti del quartiere. I soldi venivano usati per organizzare la festa, per l’ingaggio dei cantanti, per il sostentamento dei carcerati e per la gestione di altri traffici illeciti.
In tale contesto viene alla luce il ruolo primario di Salvatore Buongiorno (indagato per concorso esterno in associazione mafiosa), agente di numerosi cantanti neomelodici. L’individuo avrebbe ricevuto disposizioni da Angelo Monti e da Ingarao per ingaggiare dei neomelodici scelti da loro. Buongiorno avrebbe raccolto le somme di denaro di Borgo Vecchio e corso Camillo Finocchiaro per l’organizzazione della festa. Il soggetto avrebbe avuto il monopolio dell’organizzazione di eventi anche grazie al sostegno di boss del mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova. L’autorizzazione – in questi casi – giungeva da Tommaso Lo Presti e dai fratelli Gregorio e Tommaso Di Giovanni.
La famiglia mafiosa di Borgo Vecchio attuava comunque nel territorio anche le “consuete” attività illegali. Il nipote di Angelo Monti, Jari Massimiliano Ingarao – nonostante i domiciliari -, si occupava della vendita di droga. Il soggetto reperiva la sostanza stupefacente e riforniva le piazze di spaccio del quartiere tramite i suoi sottoposti. Si tratta dei fratelli Gabriele e Danilo, di Marilena Torregrossa, di Carmelo Cangemi, di Francesco Paolo Cinà, di Saverio D’Amico, di Davide Di Salvo, di Giuseppe Pietro Colantonio, di Salvatore La Vardera, di Francesco Mezzatesta, di Giuseppe D’Angelo, di Nicolò Di Michele, di Gaspare Giardina, di Gianluca Altieri e di Vincenzo Marino.
Inoltre anche i “piccoli” criminali dovevano avere lo star bene dei mafiosi. I ladri di biciclette o di moto dovevano chiedere l’autorizzazione e prevedere per il clan una quota della ricettazione o della restituzione ai proprietari con il cosiddetto “cavallo di ritorno”. La famiglia mafiosa, inoltre, risolveva alcune controversie nate nei gruppi organizzati della tifoseria del Palermo Calcio.