Maxi operazioni antimafia nel palermitano. Finiscono in carcere 16 soggetti fra boss e gregari del mandamento di Brancaccio\Ciaculli. Le inchieste di Polizia e Carabinieri, coordinati dalla DDA di Palermo, scaturiscono dopo 2 anni di indagini.
I coinvolti sono indagati – a vario titolo – per associazione mafiosa, armi ed estorsione aggravata. Registrati circa 50 episodi di racket. Venivano versati soldi alla mafia anche nel corso dell’emergenza Coronavirus. I cittadini del territorio sono talmente condizionati dalla presenza di Cosa Nostra che gli imprenditori e i commercianti prima di avviare le loro attività sono soliti chiedere l’autorizzazione al referente mafioso della zona. Nessuna vittima di estorsioni ha mai sporto denuncia. I commercianti, in alcuni casi infatti, si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o di offrire al criminale un escamotage per eludere eventuali controlli delle Forze dell’Ordine.
Gli agenti si sono occupati dei contesti territoriali di pertinenza delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio. Dalle investigazioni sono scattati gli arresti di Giovanni Di Lisciandro, 70 anni; Stefano Nolano, 42 anni; Angelo Vitrano, 63 anni; Maurizio Di Fede, 53 anni; Gaspare Sanseverino, 48 anni; Girolamo Celesia, 53 anni; Sebastiano Caccamo, 65 anni; Giuseppe Ciresi, 32 anni; Onofrio Claudio Palma, 43 anni; Rosario Montalbano, 35 anni; Filippo Marcello Tutini, 60 anni; Salvatore Gucciardi, 41 anni, e Giuseppe Caserta, 45 anni.
Al centro delle indagini dei militari il mandamento di Ciaculli. Arrestati Giuseppe Greco, 63 anni; Ignazio Ingrassia, 71 anni, e Giuseppe Giuliani, 58 anni.
Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano avrebbero gestito la rete relazionale mafiosa incontrando gli altri associati con la massima riservatezza e gestito i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti. Particolare attenzione al mantenimento dei familiari dei detenuti.
In cella è finito anche Giuseppe Greco cugino di Leandro Greco giovanissimo referente della commissione provinciale di Cosa Nostra e capo mandamento di Ciaculli arrestato 2 anni fa. L’organizzazione mafiosa, dopo l’arresto, è stata retta da Giuseppe Greco che ha mantenuto i rapporti con le famiglie mafiose di Brancaccio, Roccella e Corso dei Mille. La loro egemonia era assicurata pure dal rapporto di parentela con il noto boss Michele Greco detto “il papa”. Leandro è nipote in linea diretta e Giuseppe è figlio di Salvatore Greco, detto “il senatore” e fratello di Michele.
Emerge il ruolo di Ignazio Ingrassia conosciuto come “il boiacane”. L’anziano ha fornito il suo apporto al vertice del mandamento nella gestione degli affari. Il vertice interveniva nella compravendita di terreni e immobili e gestiva il mercato della droga.
Dalle intercettazioni, inoltre, è venuta alla luce una conversazione che mette in evidenza una realtà paradossale. “Falcone, minchia che cosa inutile!” lo dice Maurizio Di Fede quando ha saputo che la figlia di una sua amica avrebbe partecipato con la scuola alle iniziative in ricordo delle stragi di Capaci e via D’Amelio in cui persero la vita anche i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Noi non ci immischiamo con i carabinieri, non ci immischiamo con Falcone e Borsellino… queste vergogne sono” riferì alla madre della piccola. I fatti sono avvenuti il 15 maggio del 2019 quando la bambina di 7 anni insieme ai compagni di classe si preparava a partecipare alle manifestazioni in piazza Magione a Palermo. “È una cosa scolastica… Si prepara da un mese” tentava invano di spiegare la donna. “Io mai gliel’ho mandato a mio figlio a queste cose…ma, ora dovrei vedere a mio figlio che… là con Falcone e Borsellino. E a Magione, perché la sono nati e cresciuti, i cornuti là sono nati! Là dove deve andare la bambina, la sbirra. Se gli mandi la bambina sei una sbirra. Noi non ci possiamo immischiare le carte con Falcone e Borsellino” diceva Di Fede che ha letto il titolo di un articolo. “Anniversario della strage di Capaci, oltre 70mila studenti pronti a invadere Palermo. Non ti permettere! Ormai lei fa parte della legalità“. Le difese della donna furono vane e Di Fede controllò che la bimba realmente non andasse alla manifestazione.