Operazione antimafia denominata “Jato Bet” nel palermitano. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno eseguito 10 misure cautelari (8 in carcere, una ai domiciliari e una di sospensione dal servizio) a San Giuseppe Jato e a San Cipirello. I coinvolti sono accusati – a vario titolo – di associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo al sistema informatico.
Pare che 6 persone facciano parte della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato. Le indagini, scattate nel 2017 e coordinate dal procuratore aggiunto della DDA Salvatore De Luca, sono cominciate dopo gli arresti di Ignazio Bruno (capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato) e del suo autista e consigliere, Vincenzo Simonetti. Entrambi mentre si trovavano in carcere avrebbero mantenuto contatti con gli indagati che si sarebbero occupati della gestione della famiglia mafiosa in loro assenza. Nello specifico erano mantenuti rapporti con Calogero Alamia (nipote di Antonino Alamia, elemento di vertice della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato individuato come il “cassiere” del clan e attualmente detenuto) e Maurizio Licari.
Contestato il crimine di associazione mafiosa anche a Nicusor Tinjala, Giuseppe Bommarito (già condannato a 10 anni e 6 mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso ed estorsione sentenza divenuta irrevocabile nel 2006) e i figli Calogero Bommarito e Giuseppe Antonio Bommarito. La misura colpisce pure Massimiliano Giangrande che non è accusato di associazione mafiosa.
I fermati avrebbero esercitato il controllo del territorio tramite estorsioni e appalti di opere realizzate nella valle dello Jato e a Palermo, aggiudicati illegalmente. I malviventi, inoltre, gestivano lo spaccio di hashish a Palermo nei mandamenti mafiosi di Santa Maria del Gesù e Porta Nuova e a San Giuseppe Jato.
Tra i destinatari del provvedimento figura anche l’ex comandante dei Vigili di San Giuseppe Jato, attualmente in pensione, che è stato colpito dal provvedimento della sospensione dall’ufficio o dal servizio. Il soggetto si sarebbe introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’Aci per verificare l’intestatario della targa di un mezzo da cui erano stati scaricati rifiuti edili in un’area di quel monitorata da telecamere comunali. Il pubblico ufficiale avrebbe riferito l’esito dell’accertamento informatico svolto a Giuseppe Antonio Bommarito permettendogli di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi.