Il presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava, scrive una lettera al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, inviata anche al procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, esprimendo il proprio pensiero in merito alla revoca del 41 bis ad un boss del clan catanese degli Ercolano. Fava redige una missiva: “nella speranza che condivida le nostre preoccupazioni e sappia intervenire di conseguenza. Sono 61 i detenuti del territorio catanese ristretti al 41 bis. Non pochi. Eppure non vi figura più Aldo Ercolano, nonostante sia considerato dall’autorità giudiziaria l’esponente apicale, assieme a Benedetto Santapaola, della famiglia criminale egemone di Cosa Nostra in questa parte della Sicilia”.
Aldo Ercolano, nipote del boss Benedetto Santapaola, è un capomafia di Cosa Nostra di Catania e attualmente sta scontando il carcere a vita anche per essere stato uno dei mandanti dell’assassinio del giornalista e scrittore ucciso dalla mafia Giuseppe Fava. Claudio Fava, figlio della vittima, non ha redatto questa lettera per l’omicidio del padre e sottolinea infatti che: “tutti hanno messo in evidenza lo stridente contrasto tra l’intatta autorevolezza e la pericolosità criminale che viene a tutt’oggi riconosciuta all’Ercolano, e la revoca del 41 bis che lo ha restituito al circuito detentivo normale. Fatto incongruo, preoccupante, non comprensibile.
Peraltro recenti indagini giudiziarie, e la testimonianza di alcuni collaboratori di giustizia, hanno confermato la capacità di controllo e di comando che l’Ercolano, sia pur detenuto da molti anni, conserva pressoché intatta sugli affiliati del suo gruppo criminale: si ritiene che i Santapaola-Ercolano raccolgano oltre la metà di tutti gli affiliati a Cosa Nostra di Catania. Le scrivo sapendo che i margini di intervento che le competono, pur non essendo esclusivi, possono rivelarsi decisivi per indurre chi ne ha il compito istituzionale ad una rivalutazione della posizione dell’Ercolano e della revoca del 41 bis di cui ha beneficiato. In passato era stata disposta la revoca del carcere duro ad Aldo Ercolano e il ministro della Giustizia dell’epoca, l’onorevole Orlando, trovò modo e forme perché venisse rivalutata e il provvedimento fu annullato“.