“In questi 108 giorni abbiamo cambiato quattro carceri in condizioni sempre più difficili. L’ultimo dove siamo stati era al buio, ci portavano il cibo con i contenitori di metallo”. Lo ha detto Pietro Marrone, capitano della «Medinea», nel primo contatto via radio dopo la partenza dalla Libia, località in cui sono stati sequestrati due pescherecci, con il suo armatore Marco Marrone. “È stato davvero molto complicato: accendevano e spegnevano le luci, a loro piacimento. Ieri – racconta Pietro Marrone – sono venuti a prenderci e una guardia ci ha detto: ‘Preparatevi che dobbiamo andare via’. La stessa cosa era già successo circa un mese fa, quindi nessuno di noi ormai ci credeva. Dopo l’annuncio che saremmo stati liberati ci siamo preparati: abbiamo fatto la barba, ci siamo fatti prestare qualche bottiglia di shampoo, ci siamo lavati, ci hanno portato qualche tuta. Poi a bordo di un pullman ci hanno portato dalle nostre ‘varcuzze’. Stanotte finalmente, dopo avere ricaricato le batterie, abbiamo acceso i motori e siamo partiti. Adesso non vediamo l’ora di tornare a casa. L’ultima cella, dove abbiamo trascorso la notte prima di avere la notizia della liberazione, era buia. Il cibo ci veniva portato in ciotole e non era buono. Abbiamo subito delle umiliazioni, pressioni psicologiche, ma mai violenze. Quando ci hanno detto che era il ‘giorno buono’ non ci abbiamo creduto. Ci hanno tenuti divisi: italiani e tunisini, separati. In celle buie, senza un processo e con indosso sempre gli stessi abiti. Ci siamo rivisti dopo 70 giorni, ed è stato bellissimo. Ma ci siamo spaventati. Quando ci hanno detto che sarebbe arrivato il presidente Conte ci hanno anche dato del cibo migliore, ma quello vero lo abbiamo mangiato ieri sulle nostre barche. Siamo felici, stiamo tutti bene, e non vediamo l’ora di arrivare a casa dai nostri familiari e dai nostri amici. Grazie a tutti”.
Fonte foto: pagina Facebook Giuseppe Conte