Il processo a carico di Francesco Lupo, accusato di tentato omicidio ai danni di A. F., un operaio della Reset, è fissato per mercoledì 24 settembre. La sostituta procuratrice Federica La Chioma ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato, e l’imputato, difeso dall’avvocato Vincenzo Giambruno, ha optato per il rito alternativo, una procedura giudiziaria veloce e meno formale.
Secondo l’accusa, l’aggressione del 22 dicembre 2022, classificata come tentato omicidio premeditato, sarebbe stata una spedizione punitiva, maturata nell’ambito di una lunga faida famigliare iniziata nel marzo 2019 con l’uccisione a colpi di pistola del padre e del fratello di Lupo, Antonino e Giacomo, da parte di Giovanni Colombo, condannato a 18 anni per il duplice delitto, un caso di violenza estrema. Colombo è un cugino della vittima dell’agguato, A. F., che era stato aggredito a calci e pugni e poi raggiunto da diversi colpi di pistola al torace e all’addome, in un’azione criminale particolarmente efferata.
L’accusa sostiene che si tratti di un’operazione premeditata, che non potrebbe avere “altre origini se non il risentimento maturato in seguito all’omicidio ai danni dei congiunti” di Francesco Lupo, un esempio di vendetta per un delitto passato. L’imputato si era avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia, ma le telecamere avevano ripreso in maniera abbastanza nitida il tentativo di omicidio, fornendo prove importanti per il processo.
Il giudice per le indagini preliminari Maria Cristina Sala ha scritto nel provvedimento di fermo che “il persistente astio manifestato dall’indagato nei confronti della vittima e sfociato nella brutale aggressione a mani nude, conclusa infine con l’esplosione di numero colpi di arma da fuoco, nonché il suo stato di indifferente freddezza rispetto agli eventi verificatisi, esplosi in maniera incontrollabile dopo un lunghissimo periodo di elaborazione del duplice lutto maturato sin dal 2019, induce a ritenere come lo stesso possa imprevedibilmente rendersi autore di analoghe condotte lesive dell’integrità psicofisica di altri membri della famiglia F.”, una valutazione importante per la sicurezza pubblica. La famiglia F. aveva già cambiato domicilio e si era trasferita a Brancaccio per timore di eventuali ritorsioni, una misura di protezione necessaria in casi di faida e violenza.