Gli agenti della polizia penitenziaria hanno arrestato un avvocato del foro di Brindisi, Benedetto Romano, 41 anni, accusato di aver introdotto e consegnato un mini cellulare a un detenuto durante un colloquio al carcere Pagliarelli, un istituto carcerario di alta sicurezza. Il detenuto in questione è Gianluca Lamendola, 36 anni, denunciato a piede libero per lo stesso reato di introduzione di oggetti proibiti in carcere, e considerato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Lecce il boss del clan Lamendola-Cantanna, inquadrato nella frangia dei “mesagnesi” della Sacra Corona, una delle organizzazioni criminali più pericolose in Italia.
L’avvocato Romano, indagato per il reato previsto dall’articolo 391 ter del codice penale, relativo alla introduzione di oggetti proibiti in carcere, rischia una condanna che va dai 2 ai 5 anni di reclusione. Era arrivato a Palermo da Brindisi dopo aver prenotato un colloquio con il suo assistito, detenuto nel reparto di alta sicurezza dopo il trasferimento da Lanciano, disposto l’estate scorsa, a seguito di un episodio simile a quello verificatosi ieri, che ha scatenato un’indagine per traffico di droga e altri reati connessi alla mafia. Durante l’incontro, gli agenti della polizia penitenziaria notarono un movimento anomalo e sospettarono che il legale avesse consegnato al suo assistito qualcosa di proibito all’interno dell’istituto carcerario, violando le norme sulla sicurezza carceraria.
La successiva perquisizione confermò i sospetti e permise di recuperare il mini cellulare che l’avvocato aveva appena consegnato a Lamendola, un oggetto proibito che può essere utilizzato per comunicazioni illecite e attività di mafia. L’avvocato Romano, sinora incensurato, è stato arrestato e sottoposto alla “direttissima” al termine della quale è stata confermata la misura cautelare della detenzione in carcere, a causa della gravità del reato e del pericolo di fuga. Il suo difensore è l’avvocato Massimo Manfreda, un esperto di diritto penale e processo penale.
Lamendola è stato indagato nell’ambito dell’operazione “The Wolf”, un’indagine sulla mafia e il traffico di stupefacenti, che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Francesca Mariano. L’operazione ha disposto ventidue misure cautelari per altrettante persone indagate a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, traffico di droga, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione, violenza privata, lesioni, ricettazione, danneggiamenti e autoriciclaggio, reati connessi alla criminalità organizzata. Secondo le indagini, Lamendola, dopo la sua ultima scarcerazione nel 2020, avrebbe cercato di riprendere in mano il controllo del territorio e degli affari illeciti, scatenando frizioni con altre persone e organizzazioni criminali. I magistrati ritengono che Lamendola sia il capo del clan, coadiuvato dal padre Cosimo, e che sia responsabile di due tentativi di omicidio, due pestaggi, cinque estorsioni e altri reati connessi alla mafia e al traffico di droga.