Alfredo Di Primo, il boss del potente clan Scalisi, è stato arrestato nel dicembre scorso nell’ambito dell’operazione di poliziaPrimus, un’indagine sul crimine organizzato che ha portato alla luce le attività illecite del clan. Prima della sua cattura, Di Primo era riconosciuto come il numero 1 del clan Scalisi, anche grazie alla sua parentela con Pippo Scarvaglieri, un altro importante esponente del clan, e alla sua lunga carcerazione, che lo aveva reso una figura autoritaria all’interno dell’organizzazione criminale. Tuttavia, dopo la sua arrestazione, è stato scelto un nuovo leader, Pietro Lucifora, in seguito a varie riunioni in cella, un claro esempio di come il clan cerchi di mantenere la sua struttura e la sua influenza anche in momento di crisi.
Le intercettazioni telefoniche, contenute nelle carte dell’inchiesta sul clan Scalisi, che comprendono oltre 900 pagine, tra la prima e la seconda ordinanza, forniscono uno spaccato della violenza e della spietatezza all’interno dell’organizzazione criminale. In alcuni di questi dialoghi, Di Primo afferma la sua autorità e difende il suo ruolo di leader del clan, rivolgendosi a Pietro “Fantozzi” Maccarrone, un affiliato storico del clan Scalisi. Di Primo dichiara che Maccarrone deve rinunciare a qualsiasi ambizione di riottenere il potere di vertice e che, una volta uscito di prigione, dovrebbe lavorare sotto la sua guida, in un chiaro esempio di come il clan cerchi di mantenere la sua gerarchia e la sua disciplina.
Di Primo è molto chiaro nel rivendicare la sua autorità e quella di Pippo Scarvaglieri, sostenendo che non ci sono altri leader all’interno del clan Scalisi e che la sua posizione è indiscussa. Minaccia inoltre Maccarrone, affermando che se dovesse tentare di sfidarlo, gli “cancellerebbe il cervello” con un colpo di pistola, un chiaro esempio della violenza e della intimidazione che caratterizzano le dinamiche interne del clan. Inoltre, Di Primo specifica che, per poter “fare famiglia” all’interno del clan Scalisi, bisogna prima dimostrare lealtà e sottomissione ai capi, e che qualsiasi tentativo di sfidare la sua autorità sarà punito severamente, in un chiaro esempio di come il clan cerchi di mantenere la sua coesione e la sua influenza attraverso la paura e la violenza.