Grandi polemiche, risolte con un emendamento che ha corretto il tiro, hanno infiammato l’opinione pubblica relativamente alla riforma Brunetta avviata dal Ministro per la Pubblica Amministrazione che prevedeva, per accelerare i tempi di disbrigo dei bandi, l’adozione del metodo di valutazione per titoli dei candidati ai concorsi, in particolare anche quelli di natura amministrativa. Le critiche pervenute da più parti mettevano in evidenza che potevano sorgere esclusioni ingiuste utilizzando questo metro di giudizio.
Al contrario di quanto inizialmente previsto nell’articolo 10 del dl 44/2021, i concorsi per amministrativi non saranno penalizzati dai titoli e si svolgeranno secondo le modalità ordinarie anche nel post Covid-19. I concorsi pubblici, con le modifiche dell’articolo 10, resteranno banditi con le prove preselettive e le prove successive. Nel corso della seduta del 12 maggio, infatti, sono stati approvati alcuni fondamentali emendamenti all’articolo 10 tra questi rientra il n. 10.100/100 – presentato da Gianclaudio Bressa (Autonomie).
Il nuovo emendamento prevede che il 1° comma, lett. c), dell’art. 10 si riferisca alle sole posizioni tecniche altamente specializzate e non invece anche alle posizioni amministrative. In sintesi la valutazione dei titoli non riguarderà i profili amministrativi ma solo quelli a elevata specializzazione tecnica.
“Grande soddisfazione. Grazie ai senatori, grazie alla maggioranza e grazie al relatore Bressa, con cui abbiamo concordato tutti gli emendamenti che hanno migliorato la norma confermandone i principi”. Lo ha detto il Ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, dopo l’approvazione in Aula al Senato dell’articolo in questione.
“È il primo passo per la rivoluzione del reclutamento nella Pubblica Amministrazione – prosegue Brunetta -. Niente più carta e penna, a regime una sola prova scritta digitale, ma in presenza, e una prova orale. Valutazione iniziale dei titoli di studio per le figure ad alta specializzazione tecnica, nel segno della corrispondenza ragionevole tra richiesta dell’amministrazione e livello del posto messo a bando. Un principio che era già nelle intenzioni della norma, come avevo chiarito in audizione il 27 aprile. Basta con le interpretazioni fuorvianti da parte di chi vuole speculare sul futuro dei giovani. Con questa riforma sblocchiamo migliaia di posti di lavoro. Premiare il merito valorizzando i percorsi formativi significa stare dalla parte dei giovani, soprattutto di quelli che possono contare soltanto sullo studio e sull’impegno. Dal 3 maggio grazie al dialogo costruttivo con il Comitato tecnico-scientifico le selezioni sono già ripartite, semplificate, digitalizzate e velocizzate. Prima un concorso poteva durare fino a quattro anni dalla pubblicazione del bando alle graduatorie finali.
Adesso – continua -, come accadrà ad esempio con il Concorso Sud per assumere 2.800 tecnici qualificati negli enti del Mezzogiorno, ci vorranno cento giorni. Da quattro anni a tre mesi: un cambiamento che darà ossigeno alle amministrazioni impoverite da anni di blocco del turnover, garantirà il ricambio generazionale e premierà il merito e le competenze. Con la riforma dei concorsi si pone rimedio a un’altra conseguenza prodotta sin qui da blocchi e inefficienza: il gigantismo, ossia l’accumulo di quantità enormi di concorrenti. Una devianza spaventosa, che ha creato generazioni di ‘concorsisti’. Il decreto finalmente torna a dare i segnali giusti: ci saranno più concorsi ogni anno e ci saranno diversi modelli di selezione che le amministrazioni potranno utilizzare, a seconda delle loro esigenze. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza da attuare, alla Pubblica Amministrazione serve un’inversione di marcia. Occorre dotarla di personale all’altezza capace di offrire servizi di qualità e prendere per mano cittadini e imprese, qualunque sia la loro condizione economica e sociale. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: una Pubblica amministrazione che funziona è la migliore arma contro le disuguaglianze, perché soltanto chi è ricco può permettersi di acquistare sul mercato i servizi sostitutivi. È questa la vera sfida, è questa l’uguaglianza a cui mira la Costituzione. Il dibattito intorno al decreto dentro e fuori dal Parlamento ci ha permesso di difendere dalla cattiva politica e dal cattivo sindacato, senza alcun cedimento, l’articolo 97 della Costituzione: alla PA si accede tramite concorso. Lo diciamo forte e chiaro: non sono ammesse scorciatoie. Ci guida unicamente il rispetto della Costituzione, del merito e della dignità del lavoro pubblico. E mettere al centro il merito e la legalità – conclude Brunetta – significa stare dalla parte dei giovani”.
Giulia Baudo