Nel mondo la pandemia, a Catania il Covid-19, il dissesto finanziario del Comune e la crisi del Calcio Catania, uno dei beni socialmente ed economicamente più importanti per la città. Il quadro non è dei migliori e appare subito evidente. Il 2020 del popolo etneo è una altalena che oscilla da un vertice di negatività all’altro e questo certamente lo renderà un anno difficile da mettersi alle spalle. Occupiamoci in questo articolo del contesto relativo alla squadra dell’Elefante. Il Calcio Catania, ridotto ai minimi termini e schiavo di procedure che pongono l’accento sulle manovre che evitino il fallimento dell’azienda, delle azioni di personaggi divenuti col tempo discutibili nelle competenze e del campo che diventa nel frattempo paradosso dell’inafferabile quadro complessivo che muove le fila del destino della matricola 11700.
Il riassunto delle puntate precedenti. Non c’è proprio molto da dire, ad essere franchi. Il Catania era pronto a sedersi al tavolo con chi poi si è rivelato essere niente più di un’ombra celata dietro il richiamo delle sirene di un possibile tracollo, ma non si è seduta subito a parlare con la Sigi, la società facente capo al suo presidente Fabio Pagliara. Ha preferito disporre con l’ok del tribunale che ne ha valutato la possibilità giudicandone i termini, una proceduta d’asta che assegni al migliore offerente (si attende la risposta alla domanda più in voga del periodo, ovvero quando? Pare che a metà della prossima settimana ne sapremo di più) le sorti del sodalizio di via Magenta. L’azione dell’ormai Amminitratore Unico, Gianluca Astorina, ha permesso di disporre la riapertura di Torre del Grifo dopo la sanificazione dei locali, di accettare la possibilità di affrontare gli spareggi promozione previsti per concludere la stagione di Serie C dignitosamente e di promettere il pagamento degli stipendi ai calciatori (oltre che allo staff di lavoro) convinti a tornare per il bene della causa rossazzurra.
Sono stati i giorni del ritorno sulla scena di Pietro Lo Monaco, prima sentito a proposito dei temi di gestione da parte degli organi preposti alle indagini sulla galassia riconducibile a Nino Pulvirenti, poi nelle vesti di difensore sul proprio operato davanti ai microfoni della stampa e infine come direttore generale, quale è rimasto in questi mesi, per i termini di guadagno da cessioni di elementi del comparto giovani del club. L’ex ad ha ricacciato, stizzito, le critiche, porgendo l’attenzione sui debiti ridotti nel corso degli anni. Manca a quest’analisi il capitolo delle varie relazioni in cui si accentua la crescita del debito verso l’erario nell’ultimo triennio. Si dirà che ognuno tira acqua al proprio mulino, alcuni diranno che non è responsabilità di nessuno, o che la responsabilità è da ricondurre a personaggi arrivati a Catania cicli fa e divenuti portatori di sventura.
Intanto sui campi del centro sportivo di Mascalucia, Cristiano Lucarelli catechizza i suoi, con mascherina rossazzurra alla mano. Ha convinto quasi tutti i dissidenti. Di Molfetta pare sia l’unico “incorruttibile” sotto questo punto di vista. Anche qui, i playoff sono uno strumento di valorizzazione del Catania, o un elemento che acuirà la crisi dello stesso? Ci sembra un quesito ragionevole. Mentre libera che aiuta a giocare, assillo stipendi che vale una parvenza di distrazione sull’obiettivo? Ci si ancora in tal senso al forte senso di professionalità della squadra e dello staff tecnico, che usa l’ultima carta (da gioco) per mettersi in salvo con la tempesta – o la cessione – in arrivo.
(fonte foto: calciocatania.it)