Gianni Rezza, direttore del reparto malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, ha parlato delle vacanze estive ai tempi del Coronavirus. Ecco le sue parole:
“Per parlare di vacanze è ancora un po’ presto ed è necessaria cautela. Se il trend sarà di continuo, ulteriore miglioramento allora si potrà pensare alla prospettiva delle ferie estive, ma sempre con estrema cautela e prudenza perché il virus, purtroppo, non scomparirà. Il problema maggiore sarà rappresentate proprio dal rispetto del distanziamento sociale. Se andremo al mare, come speriamo, sarà quindi essenziale il distanziamento appunto perché il virus continuerà a circolare. Ci vorranno dunque più controlli e vanno pensate modalità di sicurezza, dal numero di ombrelloni a distanza nei lidi, ad esempio, allo scaglionamento delle presenze. La situazione è complessa e va anche valutato il peso degli spostamenti delle persone da una zona all’altra per raggiungere eventualmente le località di mare e di vacanza. Cruciale resta insomma l’andamento della curva dei contagi a seconda delle aree e andranno fatte opportune valutazioni. L’acqua di mare non è assolutamente un problema. La diluizione garantita dal mare risolve il problema. Anche per le spiagge, non vedo rischi. Vede, il problema non è l’acqua di mare e non è la sabbia. Non è che sedendosi sulla spiaggia, o facendo il bagno si rischi di essere infettati. Pensare che se si mette una mano sulla sabbia e poi la si porti al viso si possa essere contaminati mi sembra fantascientifico, E lo stesso, e anche di più, vale per l’acqua di mare. Il problema invece sono gli esseri umani. Il problema è garantire il distanziamento sociale. Ergo, le immagini di spiagge affollate, per questa estate andrebbero evitate. Per evitare una seconda ondata, pur riaprendo quando sarà il momento le attività industriali e commerciali, perché un Paese non può andare al disastro economico, bisognerà evitare di far correre il virus. Quindi occorrerà una certa cautela e, quando i numeri saranno molto bassi, assicurare un rigoroso tracciamento dei nuovi casi per isolare e spegnere i nuovi potenziali focolai, assicurando un rischio accettabile. Possibile l’accesso alle spiagge? La responsabilità delle scelte, ovviamente, non può essere degli epidemiologi ma della politica. Premesso che non spetta a me decidere, le cose stanno andando abbastanza bene e penso che se il quadro continuerà a migliorare come ci attendiamo, si possa trovare un modo ragionevole, sul quando, vediamo, per garantire la stagione turistica e le necessità di contrasto al Covid-19: bisognerà essere un po’ più distanziati del solito, un po’ più attenti. Spiagge a numero chiuso e ombrelloni meno fitti? Mi pare una ipotesi sensata. Mantenere le distanze di sicurezza, dotare gli inservienti e i bagnini di mascherine, prevedere servizi all’ombrellone e cose del genere sono ipotesi ragionevoli e credo praticabili. Ma sono sicuro che, una volta che ci sarà il via libera del governo, gli operatori turistici troveranno le soluzioni adatte. Box di plexiglass? Per un epidemiologo in via teorica tutto quello che ostacola la diffusione di droplets è positivo. Ma è confortevole? O è più confortevole stare distanziati? Virus nell’acqua non potabile? Sembra un falso allarme. Siccome questo è un virus che in una ridotta percentuale di casi dà dei sintomi gastrointestinali, può essere isolato anche dalle feci. Questo significa che tracce di Rna virale potrebbero finire nelle acque sporche. E in Francia sono state trovate tracce minime in un’acqua di scarico. Ma è una catena di trasmissione che mi sembra molto poco probabile. È una questione interessante da un punto di vista scientifico, certo. Ma in termini di salute pubblica non mi sembra particolarmente rilevante”.