Uomo uccide cognato in via Oberdan per lite familiare

Giuseppe Cangemi, un 62enne operaio della Rap, è stato arrestato per l’omicidio volontario di suo cognato Stefano Gaglio, di 39 anni, avvenuto davanti al magazzino della farmacia Sacro Cuore in via Oberdan. La motivazione dell’omicidio sembra essere una grave lite di famiglia, scaturita dalla cessione della quota di proprietà della casa della famiglia Presti, senza il consenso di tutti i parenti. La compagna di Gaglio, Tiziana Presti, sorella della moglie di Cangemi, Michela Presti, aveva deciso di cedere la propria quota alle nipoti, provocando forti tensioni e malumori all’interno della famiglia.

Le indagini sulla dinamica dell’omicidio hanno rivelato che le due sorelle, Tiziana e Michela, avevano avuto un acceso alterco al telefono pochi giorni prima del delitto, a causa della disputa sulla proprietà immobiliare. Cangemi, dopo aver commesso l’omicidio, avrebbe telefonato a un poliziotto, conosciuto per i suoi trascorsi, ammettendo di aver fatto “una cavolata” e successivamente avrebbe tentato di fuggire, ma è stato arrestato a Carini. Il Gip Lorenzo Chiaramonte ha convalidato il fermo e confermato la custodia cautelare in carcere, ritenendo che Cangemi fosse lucido e consapevole delle sue azioni.

La difesa di Cangemi, rappresentata dall’avvocato Salvino Pantuso, ha chiesto la scarcerazione per incapacità di intendere e di volere, sostenendo che il suo assistito non era in grado di comprendere appieno le conseguenze delle sue azioni. Tuttavia, la richiesta è stata respinta dal giudice, che ha stabilito che Cangemi era pienamente consapevole di ciò che stava facendo. Tiziana Presti ha espresso la sua incredulità sul fatto che un semplice litigio potesse portare a un omicidio, ma ha ammesso che Cangemi avrebbe potuto percepire la vicenda come un “affronto” personale, decidendo di vendicarsi.

L’avvocato Pantuso ha preannunciato un ricorso al tribunale della libertà, sostenendo che la condizione psichica di Cangemi non è compatibile con il regime carcerario e che il movente dell’omicidio non convince. Il giudice Chiaramonte ha motivato la sua decisione sottolineando che le immagini delle telecamere di sorveglianza mostrano un’azione lucida e organizzata da parte di Cangemi, che si è procurato un’arma, ha aspettato la vittima e ha agito in modo determinato, dimostrando piena consapevolezza di ciò che stava facendo, e quindi configurando un reato di omicidio volontario.

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