Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, ha invitato il Governo nazionale a non emarginare la gente del Sud definendo le periferie del Meridione una “polveriera sociale”. Al “Quotidiano di Sicilia” il presidente Fava fa una panoramica dell’attuale situazione che vive il Mezzogiorno d’Italia.
“C’è fame al Sud e una parte di economia informale, in nero, totalmente fuori dai circuiti consentiti. Ci sono migliaia di famiglie che non riescono a produrre alcun reddito e non mi riferisco soltanto a chi vive ai margini, ma anche a quelli che lavorano in nero senza un contratto: dall’infermiere di uno studio professionale alla commessa. Soggetti che si trovano in condizioni di grande disagio economico e persino alimentare. Quando c’è fame, c’è disperazione e rabbia”.
“Al Sud sappiamo che la criminalità organizzata è sempre stata abile a insinuarsi nelle pieghe del dissenso sociale, per trasformarlo in possibili operazioni di consenso, futuro reclutamento e controllo del territorio. Tutto questo rischia di avvenire in un momento in cui le organizzazioni criminali si stano adeguando a questa situazione di crisi senza precedenti, pronte a fare la loro parte con strumenti estremamente efficaci. Pensiamo per esempio alle straordinarie risorse che possono essere utilizzate per investire in quei settori che oggi sono legati alla gestione dell’emergenza: penso alla filiera agroalimentare, alle strutture sanitarie, alla distribuzione, o ai comparti che saranno legati, invece, alla ricostruzione. Si tratta di un rischio su cui dobbiamo avere estrema attenzione e prudenza”.
“Soldi stanziati dal Governo e dalla Regione basteranno? Riuscire a mettere a disposizione risorse liquide da tradurre nella spesa alimentare e affidare questa gestione ai comuni è una cosa che va fatta. Naturalmente con le linee guida che permettano agli enti locali di sapere qual è la platea dei soggetti che hanno bisogno. Non si tratta solo della gente che ha un reddito basso, ma anche di quella che ne ha uno significativo ma che al momento non c’è più. Un lavoro che non esiste più perché è in nero, non garantito e che non prevede cassa integrazione e ammortizzatori sociali. Questi soldi vanno subito messi a disposizione, anche ricorrendo, se è il caso, ad autocertificazione. Altrimenti si corre il rischio di perdersi nei meandri della burocrazia”.
“Cosa succederà dopo l’emergenza? Ci vorrà del tempo perché al Sud c’è una parte di economia sommersa che al momento non esiste più. E questa la rimetti in campo con una serie di misure restrittive necessarie. Credo che questo avverrà con una certa gradualità, non dall’oggi al domani, sia per il ritorno alla normalità, sia per quel concerne la percezione di reddito da parte di chi oggi se lo è visto tolto da un giorno all’altro. Una situazione che varierà di regione in regione, poiché nel Meridione la fascia di economia sommersa è certamente più estesa”.