Dopo l’allentamento delle misure anti-contagio avvenuto durante la bella stagione, la seconda ondata di Covid-19, come previsto da diversi esperti, non ha tardato ad arrivare. Ed è proprio in questa seconda fase della pandemia che la Sicilia ha registrato il più alto numero di contagi, arrivando a sfiorare i 2000 casi al giorno a fine novembre. La provincia di Catania resta la più colpita, raggiungendo il triste record di 663 contagiati in un giorno. Ma qual è stato l’impatto del Covid sulla sanità e sull’organizzazione cittadina etnea? Quali sono state le maggiori criticità registrate a livello territoriale? A queste e ad altre domande ha risposto, in esclusiva per Antenna Uno Notizie, l’assessore alla sanità, alle infrastrutture e alla mobilità Giuseppe Arcidiacono.
Assessore, qual è al momento la situazione degli ospedali catanesi e delle terapie intensive? C’è il rischio di un collasso del sistema?
La pandemia Covid-19 ha inevitabilmente messo a dura prova le strutture sanitarie etnee, tuttavia mi guarderei bene dal gridare al tracollo degli ospedali e delle terapie intensive. Siamo stati in grado di contenere la situazione in maniera ottimale, facendo grandi passi avanti dall’inizio della pandemia ad oggi: attualmente, infatti, tutte le aziende sanitarie si sono determinate a svolgere i compiti loro assegnati, dotandosi dei posti letto e delle attrezzature necessarie per rispondere all’ingente numero di casi. La nostra provincia resta senza dubbio la più colpita numericamente, ma la cifra dei contagi deve essere letta anche in relazione al numero di abitanti e al ruolo strategico che la stessa riveste in ambito commerciale, industriale e amministrativo.
E per quanto riguarda le USCA?
Il sistema delle Unità Speciali di Continuità Assistenziali ha inevitabilmente registrato delle difficoltà all’inizio della pandemia, legate alla novità e all’imprevedibilità della situazione che si è dovuta affrontare. Tuttavia la macchina organizzativa è nettamente migliorata, sono state stipulate convenzioni con diverse strutture – ad esempio con il Tribunale – ed è stato inoltre possibile superare le problematiche legate ai ritardi nell’effettuazione dei tamponi. Si tratta quindi di un’organizzazione che è maturata coi mesi e che ha adesso raggiunto una condizione ideale, sempre nell’ottica di un continuo perfezionamento: di questo bisogna darne atto a Giuseppe Liberti, commissario ad acta presso l’Asp di Catania nell’ambito dell’emergenza Covid-19, che è riuscito ad affrontare al meglio una situazione così nuova e incerta come quella che stiamo vivendo.
A marzo si è parlato, a livello regionale, di un possibile utilizzo del Vittorio Emanuele come Covid Hospital. E’ probabile una futura riapertura dell’ex nosocomio?
Purtroppo lo escludo categoricamente: da quando è stata dismessa, la struttura ha subito danni ed è anche stata vandalizzata, un’eventuale ristrutturazione richiederebbe spese troppo alte e comporterebbero sacrifici notevoli, oltre a necessitare di tempi piuttosto lunghi. In ogni caso attualmente la situazione negli ospedali è sotto controllo e allo stesso tempo è stata registrata una netta riduzione di affluenza di casi Covid nei pronto soccorso, quindi credo che non ci sarà necessità di ulteriori strutture.
Concentrandoci sull’organizzazione cittadina in tempi di Covid, come sono state affrontate le problematiche relative ai trasporti? Come ci si organizzerà in vista della riapertura delle scuole prevista per il 7 gennaio?
La questione trasporti in tempi di Covid è senza dubbio spinosa, ma anche in quest’ambito sono stati fatti grandi miglioramenti che permetteranno di affrontare in serenità la riapertura delle scuole. Insieme al presidente dell’Amt, Giacomo Bellavia, è stato possibile mettere a punto un programma che ha dimezzato il numero di utenza per ciascuna singola vettura ma che, allo stesso tempo, ha quasi raddoppiato il numero di trasferimenti per autobus in rapporto alle ore. Di concerto con il rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo, è stata inoltre realizzata una linea BRT principalmente dedicata agli studenti universitari, seguendo un percorso che va dalla Stazione Milo al Policlinico. Anche FCE ha dato il suo importante apporto, in particolare nell’ambito della mobilità sostenibile, istituendo delle corse con un maggior numero di frequenza.
Quali sono, secondo lei, le criticità maggiori che si stanno registrando a Catania?
A mio avviso le problematiche maggiori sono state riscontrate nella gestione del lavoro in smart working nell’ambito della pubblica amministrazione. Visti i numerosi contagi, il lavoro di presenza si è inevitabilmente dovuto restringere in maniera rilevante, e in alcuni settori come quelli bancario e amministrativo si sono registrate delle difficoltà, alcune delle quali purtroppo ancora persistono. Tuttavia le misure adottate erano e sono assolutamente inevitabili per evitare il diffondersi della pandemia e per tutelare a pieno la salute dei nostri lavoratori.
In riferimento ai provvedimenti anti-Covid adottati dal Governo, c’è chi lamenta una sorta di “infantilizzazione” della politica e soprattutto della figura del cittadino, al quale è necessario dettare ordini anche per le cose più “banali”. Si trova d’accordo con le linee intraprese a livello nazionale, tenuto conto anche delle numerose proteste portate avanti da determinate categorie di lavoratori?
Credo che a livello nazionale si sia arrivati a un eccesso di regolamentazione e comprendo la preoccupazione di alcune categorie di lavoratori, prime tra tutte quella dei ristoratori. L’economia della nostra regione, già di per sé sofferente, sarà inevitabilmente messa a dura prova da queste ulteriori restrizioni. Tuttavia queste misure sono giustificate dall’intento di mettere il più possibile in sicurezza gli italiani, in attesa di un vaccino che si spera sia disponibile già da gennaio. Non bisogna dimenticare che dietro questi provvedimenti adottati a livello nazionale vi è il parere di numerosi esperti, a partire dal Comitato Tecnico Scientifico. Quindi sì, ritengo queste misure assolutamente necessarie e non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Stiamo combattendo una battaglia contro un’infezione estremamente grave e seria, la cui evoluzione è indipendente dall’età della persona contagiata ed è legata a vari fattori, alcuni dei quali ancora non del tutto chiari.
Ne approfitto per chiederle un parere in quanto medico, vaccino sì o no?
Assolutamente sì, il vaccino va fatto e la somministrazione dovrà avvenire in rapporto alle diverse categorie: prima gli addetti alla sanità, poi gli anziani, infine il resto della popolazione. I vaccini ai quali si sta lavorando hanno già superato la “fase tre”, cioè quella della sperimentazione clinica sull’uomo, quindi sono assolutamente sicuri. E’ chiaro che chi ha già contratto il covid dovrà essere prima sottoposto a una valutazione anticorpale al fine di verificare quanti anticorpi sono stati già sviluppati, così da non sottrarre dosi di vaccino a chi invece ne avrebbe necessità. In ogni caso, la vaccinazione di massa sarà l’unico modo per poter affrontare il futuro con maggiore sicurezza e e per poter tornare il prima possibile alla normalità.
Anna Aqueci