Coronavirus, Ministro Provenzano: “Se l’epidemia fosse scoppiata al Sud sarebbe stata un’ecatombe”

Il Ministro per il Sud e la coesione sociale, Giuseppe Provenzano, ha parlato, al Corriere della Sera, delle ripercussioni che l’epidemia del Coronavirus provocherà nel mezzogiorno d’Italia.

Preoccupano i tassi di diffusione di Covid-19 al Sud che in alcune regioni superano il 20%? Ancora è presto per una valutazione completa. Si inizia a vedere una flessione del tasso di aumento, però, il contagio ancora cresce. Al Sud abbiamo due settimane di tempo in più, perché il virus si è diffuso dopo”.

“Se l’epidemia fosse scoppiata al Sud sarebbe stata un’ecatombe. Non lo dico con sollievo, ma con rabbia. È il frutto del disinvestimento nella sanità pubblica, di alcune degenerazioni regionali, della scelta di puntare sul privato. Però è giusto ricordare che i malati di Bergamo oggi sono accolti negli ospedali in Sicilia o in Puglia. Inoltre dei quasi ottomila medici che si candidati per dare una mano in Lombardia, tantissimi sono del Sud. Tutta la nazione sta dando una prova di responsabilità”

“Reparti pronti al Sud? Noi stiamo lavorando giorno e notte perché lo siano. Lavoro in nero? Inutile nasconderlo, l’economia meridionale ha una vasta zona grigia di sommerso che ha riflessi anche sull’economia legale. Le misure che il governo ha messo in campo fin qui hanno privilegiato l’emerso, com’era inevitabile. Tuttavia se la crisi si prolungherà dobbiamo prendere misure universalistiche per raggiungere anche le fasce sociali più vulnerabili. Queste ultime sono le famiglie numerose e chi lavorava in nero. La cassa integrazione in deroga per gli artigiani non basta. Come attuarlo? Bisogna fare di più sulle infrastrutture sociali e per ridurre i divari. Lo avevamo messo in cantiere nel piano Sud 2030. Tragedie come questa uniscono un Paese, però, ne mettono anche in risalto le linee di faglia. Anche chi può lavorare in smart working e chi subisce un divario digitale”.

“Ursula von der Leyen ha dichiarato al «Corriere» che ci sono 11 miliardi di fondi europei che l’Italia non potrebbe più usare, ma ce li lascia. Per cosa? La frase della presidente della Commissione era un po’ imprecisa. Quelle risorse non erano perse ed eravamo già impegnati a spenderle. Però abbiamo bisogno di mobilitare tutte le risorse disponibili, per questo è fondamentale usare per l’emergenza anche quei fondi al fine di acquistare attrezzature medicali e non solo. Importanti sono il sostegno al reddito dei lavoratori, misure di inclusione, il sostegno alla liquidità delle imprese e anche sul circolante. L’Unione europea non pensi di cavarsela solo con le poche risorse della politica di coesione o l’allentamento sugli aiuti di Stato, pur necessario. Cosa può fare l’Europa? L’Italia non può finanziare illimitatamente a debito questa crisi. Per uscirne abbiamo bisogno di un piano europeo di investimenti coordinato. Ecco perché gli eurobond o un uso del fondo salvataggi Mes depurato da ogni condizionalità. Cosa penserà la Germania? Entrambe le nazioni si trovavano in difficoltà già prima della pandemia. Tuttavia, adesso una risposta europea coesa diventa davvero essenziale”.

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