Esclusiva, Delmastro (FDI): “70milioni di euro dovevano restare in patria. UE? Ci ha abbandonato, subito i coronabond”

La controversa questione dei fondi italiani stanziati in favore della Tunisia di cui vi avevamo parlato qualche giorno fa (successivamente è emerso anche di fondi destinati alla Bolivia), ha trovato un definitivo chiarimento nel dibattito parlamentare scaturito dall’interrogazione presentata dal capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Andrea Delmastro. La redazione di Antenna Uno Notizie lo ha intervistato in esclusiva per un commento su questa vicenda, ma anche per un parere sull’operato del governo, l’attuale situazione politica italiana e il ruolo dell’Unione Europea nella gestione dell’emergenza Coronavirus.

 

I 50 MILIONI DELLA DISCORDIA, E NON SOLO

Può raccontarci e spiegarci nel dettaglio queste operazioni sul fronte Esteri? Abbiamo ascoltato le sue
riflessioni durante il question time parlamentare. Provvedimenti preventivati tempo addietro ma realizzati,
nelle tempistiche, nel momento di crisi non solo italiana di maggiore impatto a causa del Coronavirus, il che
ha scatenato le proteste di molti…

Guardi, siamo davanti all’assurdo. Mentre agli italiani si chiede di contrarre debiti per una cifra ancora
indefinita – dai 25 ai 100 miliardi, ancora non abbiamo un dato certo – abbiamo scoperto da un post su
Facebook che l’Ambasciata in Tunisia ha erogato 50 milioni di euro per le imprese tunisine, un post
clamorosamente cancellato poco dopo lo scoppio della polemica. Non solo. Poco dopo, dalle TV boliviane
abbiamo appreso che l’Italia ha destinato anche a loro 21 milioni di euro e alla Somalia sono stati erogati
200.000 euro per curare l’unico malato di coronavirus che all’epoca si contava. Di Maio, nel question time
da lei citato, ha candidamente detto che c’è stata un’incomprensione da parte dei media esteri: non erano
fondi per il coronavirus ma obblighi internazionali per l’Italia. Una cosa ancora più falsa della precedente.
Vede, non siamo davanti a trattati internazionali o a obblighi vincolanti come dicono dal Ministero degli
Esteri. Stiamo parlando di Memorandum of Understanding, ossia atti non vincolanti che servono solo a
ribadire una visione comune, un’intenzione comune. Le dirò di più. Non vi era alcuna scadenza. Oggi stiamo
vivendo una tempesta, un flagello che si chiama Coronavirus, che integra la causa della forza maggiore,
peraltro presente nei memorandum sottoscritti, quale causa per recedere da questi memorandum di
intesa. Sì, recedere, perché noi riteniamo che quei 70 milioni dovevano rimanere in patria a difendere quei
medici che chiamiamo angeli ma che ogni giorno stendono le mascherine nelle corsie perché non hanno le
mascherine.

Nel merito delle risposte che vi sono pervenute, le ritenete adeguate ed esaustive o sarà questa una
battaglia destinata a proseguire, vista la posizione di ferma opposizione ai provvedimenti? Si è parlato del
sostegno alle aziende italiane situate nei Paesi oggetto del prestito. Ritorniamo forse sul concetto di
tempestività anche in questo caso.

Si parla di imprese italiane in Tunisia? Io mi chiederei innanzitutto se sono imprese che hanno delocalizzato la produzione dall’Italia alla Tunisia e che hanno tolto lavoro agli italiani. Ma questo sarebbe un altro tema sui cui non le escludo di ritornare perché sarebbe doppiamente uno smacco quello di dare 50 milioni a chi non produce più in Italia per continuare a produrre in Italia mentre sottoponiamo le nostre partite iva a ignobili click day. Il sito Inps che va letteralmente in fumo le dovrebbe dare la misura della difficoltà in cui versano le nostre imprese. Piuttosto, se proprio dobbiamo dare quei soldi alle imprese estere, diamoli affinché queste ritornino a produrre in Italia: abbiamo l’opportunità storica di ri-industrializzare il Bel Paese e non dovremmo lasciarcela sfuggire. Abbiamo pensato che la Cina poteva essere la “fabbrica del mondo” mentre noi avremmo potuto lavorare nei servizi, ora abbiamo scoperto sulla nostra pelle che questa visione è falsa e l’emergenza delle mascherine ce lo ha confermato. Non le produciamo più e le compriamo dalla Cina a prezzi più alti di quelli di mercato. Vede, quando Di Maio dice che sono “doni” dai nostri amici cinesi sta dicendo un’altra inesattezza: sono forniture, frutto di contratti sottoscritti dalla Protezione Civile e dagli Esteri, di cui non abbiamo ancora contezza in merito a quanto le stiamo pagando. Su questa sottomissione al dragone cinese ho già chiesto chiarimenti. Ho presentato proprio oggi due interrogazioni per sapere quanto abbiamo pagato le mascherine cinesi, i cosiddetti “doni” dei nostri amici, e per sapere nomi e cognomi di chi ha sottoscritto quei contratti. Su questo non molleremo. Quello che mi spaventa di più è che mentre importiamo milioni di mascherine da paesi esteri che, con un’autocertificazione, possono derogare al marchio CE per gli standard qualitativi, a quelle imprese italiane che provano a riconvertire la propria produzione la burocrazia le bolla come non a norma e ne impedisce la commercializzazione. Ritengo verosimilmente che la produzione italiana sia quasi sempre più sicura di quella importata da paesi famosi per i loro standard qualitativi come la Cina, il Vietnam o il Bangladesh.

 

IL RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA

Parliamo un attimo dell’operato dell’Unione Europea, chiamata a sostenere i Paesi membri in questo
particolare momento. Ritiene le attuali misure di cui si discute, adeguate oppure proporrebbe qualcosa di
diverso?

L’Unione Europea ci ha lasciato soli, abbandonati al nostro destino. Qualcosa è cambiato quando il problema ha toccato Francia e Germania e credo che la posizione UE cambierà di pari passo con l’andamento del contagio in Germania. Abbiamo assistito ad episodi di sciacallaggio, come il blocco dell’export di materiale sanitario dalla Germania, il furto di mascherine da parte della Repubblica Ceca, la chiusura delle frontiere con blocchi di cemento da parte della Slovenia, il blocco delle mascherine da parte dei Turchi. Abbiamo assistito a speculazioni finanziarie come quelle di Commerzbank che invita a vendere i nostri titoli del debito pubblico, al rally dello spread con i Bund tedeschi dopo le dichiarazioni della Lagarde, alla richiesta di usare il MES per sottrarci poi i gioielli di famiglia. Accettare i fondi del meccanismo salva-stati vuol dire condannarsi ad un Monti-bis che ci farà rimpiangere come clemente e generosa la riforma Fornero! Ritengo che la von der Leyen ancora non abbia trovato il coraggio di salvare l’Europa da un destino che, altrimenti, mi sembra piuttosto segnato. Occorrono subito i coronabond, una garanzia europea sui prestiti alle imprese, un piano straordinario di investimenti per il rilancio della produttività di lungo periodo.

 

IL GOVERNO CONTE E LE OPPOSIZIONI

Infine sull’operato del Governo della maggioranza e delle opposizioni. Se ne discute molto. Tanti criticano sia da una parte che dall’altra. Qual è la critica più forte che muoverebbe a chi detiene al momento la maggioranza in parlamento, e quale invece il punto da cui ripartirebbe. Ritiene che effettivamente ci sia un dialogo politico troppo spigoloso tra le parti e che questo debba essere levigato a causa dell’emergenza?

Ritengo innanzitutto che il dialogo politico nella prima fase non c’è stato. Quando è scoppiata l’emergenza la maggioranza di Governo ha preferito tenere chiuso il parlamento ed emanare una catena di decreti sconnessi, sconfusionati, con i quali si sono posti limite alle libertà dei cittadini che la nostra Costituzione ci dice possono essere messi solo con una legge del parlamento. Abbiamo chiesto noi di essere ascoltati, di confrontarci per il bene dell’Italia. Il Governo in privato ha ringraziato le opposizioni ma in pubblico ha bollato le nostre proposte come irricevibili, pretestuose. Questo non è un atteggiamento responsabile. Fratelli d’Italia aveva proposto sin da subito di estendere il modello Codogno a tutta Italia. Siamo stati accusati delle peggio infamie ma alla fine abbiamo avuto ragione, indicando la strada. Non riteniamo giusto che a partite iva e autonomi vengano riconosciuti miserrimi 600 euro mentre qualcuno percepisce un reddito di cittadinanza più alto. Dobbiamo sostenere chi produce ricchezza, non chi la consuma. Dobbiamo pagare le imprese per farle restare aperte, non per chiudere. Tra due mesi molti non apriranno più e non è questo il futuro che vogliamo. Fratelli d’Italia ha chiesto sin da subito di dare mille euro a tutti per affrontare l’emergenza e anche questa volta ci stanno accusando di essere degli speculatori. Avremo nuovamente ragione?

Condividi

Articoli Correlati

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.