Finte nozze per permesso di soggiorno stranieri: arresti anche a Messina e Catania

finte nozze

Scoperte finte nozze nell’ambito dell’operazione Zifaf: combinavano matrimoni tra italiani e stranieri per far ottenere a questi ultimi il permesso di soggiorno facendoli così rimanere in Italia. La Guardia di Finanza di Messina ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone – 5 in carcere e 11 ai domiciliari – tra la città peloritana, Catania, Bergamo, Torino e Francoforte sul Meno (Germania) che avevano formato due gruppi criminali dediti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della permanenza clandestina di extracomunitari irregolari nella nazione. Si tratta di marocchini, algerini e tunisini che sposavano cittadini del Bel Paese per ricevere la carta di soggiorno relativa a motivi di famiglia o per modificare la loro posizione compromessa da decreti di espulsione già emanati dalla Prefettura e resi esecutivi dalla Questura.

L’ORGANIZZAZIONE DELLE FINTE NOZZE

Il Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria ha scoperto che a capo delle due organizzazioni criminali – con base a Messina – c’erano due marocchini: un 36enne (detto Samir) e un 51enne (conosciuto come Abramo). Entrambi pianificavano i viaggi in Marocco dei falsi sposi e sistemavano tutte le pratiche relative alle finte nozze. I gruppi compravano le fedi da negozi cinesi pagandole un euro e dopo la celebrazione del matrimonio si occupavano della separazione e del divorzio. A stretto contatto con i due soggetti al vertice delle organizzazioni figuravano alcuni collaboratori marocchini che reclutavano i finti sposi e aiutavano per le procedure burocratiche. In Marocco, invece, si trovavano altri due referenti – una 51enne (nota come Sara) e la figlia 26enne – che fungevano da ausilio per il rilascio dei documenti utili alla celebrazione dei matrimoni nel consolato generale d’Italia a Casablanca. Non mancavano i testimoni di nozze, gli interpreti e una fitta rete di donne italiane che – vivendo in condizioni disagiate – venivano coinvolte in qualità di spose e poi diventavano anch’esse reclutatrici di altri individui per i falsi matrimoni. L’attività illecita prevedeva un vero e proprio listino dei prezzi. Servivano 10.000 euro dello straniero per l’organizzazione, denaro versato in contanti o tramite servizi di Money Transfer (eseguiti da persone apparentemente non coinvolte nella vicenda ma vicini ai criminali). I gruppi versavano allo sposo fittizio tra i 2mila e 3mila euro, somme più basse erano destinate a intermediari, testimoni di nozze e interpreti.

Maria Grazia Spartà

Condividi

Articoli Correlati

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.