Statuto Siciliano, Musumeci: “Adeguarlo a dimensione costituzionale nazionale e comunitaria”

Come possiamo investire sulla nostra natura di Regione speciale per tentare di recuperare parte del tempo perduto nei decenni passati e inventare una strategia di crescita e di sviluppo, libera da ogni sciocco rivendicazionismo? Tutti gli osservatori economici ci dicono che, da soli, i settori produttivi tradizionali non bastano a far decollare il nostro Pil: da trent’anni restiamo inchiodati in coda alla classifiche delle regioni italiane. Il limite che ci portiamo dietro come una zavorra è la condizione di marginalità e perifericità della Sicilia rispetto all’Europa”. Questo è quanto afferma il presidente della Regione, Nello Musumeci, sul quotidiano “La Sicilia”.

Per superarlo serve ritagliarci una nuova centralità nel bacino mediterraneo – continua Musumeci – avere l’ambizione di candidarci ad essere la piattaforma logistica di quell’area, tornata ad essere luogo di transito e di scambi. Per farlo servono alla Sicilia quelle infrastrutture strategiche che lo Stato ha solo promesso e che Palermo con poca convinzione ha sollecitato. Opere che facciano muovere velocemente persone e merci. Al governo Draghi, come ai precedenti, non chiediamo solidarietà, né gesti di carità, ma la dotazione di infrastrutture capaci di rendere appetibile ed attrattiva la nostra Isola agli investitori. Tutto il resto lo faremo noi siciliani. Costi legati alla insularità? Ci costa oltre sei miliardi l’anno, abbiamo il diritto di chiedere il collegamento stabile nello Stretto? Se i nostri treni viaggiano a 80 chilometri l’ora è giustificato chiedere l’alta velocità anche da noi? Per avviare tale strategia – aggiunge Musumeci – non servono contrapposizioni con Roma o con Bruxelles, ma una interlocuzione istituzionale alimentata da sano realismo. In questa direzione ci sarebbe di aiuto la tanto attesa revisione dello Statuto, rendendolo adeguato alla nuova dimensione costituzionale comunitaria e nazionale. Ma serve anche abbandonare del tutto la logica dell’assistenzialismo e del familismo – che ha prodotto solo povertà, ingiustizie e contiguità opache – e guardare alle imprese come fonte di vera ricchezza. Occorre la piena condivisione di tutti, classe dirigente politica e burocrazia, innanzitutto. Perché da solo nessun governo della Regione potrebbe mai vincere questa sfida. Che va affrettata proprio adesso, dopo la drammatica pandemia che ci ha messi duramente alla prova”.

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